Jayco AlUla, la doppia vita di Max Walscheid: oltre al ciclismo, gli studi in medicina "Quando finirà la mia carriera so già quale sarà il mio futuro"

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La vita da corridore professionista non sempre si concilia bene con tutto il resto. Ore giornaliere di allenamento, mesi lontani da casa e una vita dedicata alle due ruote spesso non lasciano tempo ad altre passioni ed altri impegni, specialmente se questi impegni sono complicati come una laurea. Non la pensa così Max Walscheid, corridore della Jayco AlUla che, in una lunga lettera pubblicata su Rouleurracconta della sua doppia vita da corridore e da studente di medicina e dei suoi sogni per la carriera post-ciclismo.

Diventare un dottore è stata la mia ambizione sin da quando ho finito la scuola – esordisce Walscheid – Diventare un corridore professionista non è mai stato un mio pensiero anche perché non arrivo da una famiglia di sportivi e non conoscevo nessuno che vivesse grazie allo sport. I miei genitori e la mia sorella più grande sono anche loro dottori quindi si può dire che questa è un po’ una vocazione di famiglia”.

La passione per il ciclismo unita ad un po’ di fortuna e a delle doti fisiche non indifferenti hanno però spinto il nativo di Neuwied verso le due ruote, con gli studi che sono di conseguenza passati, per qualche tempo, in secondo piano: “Ho dovuto interrompere i miei studi quando sono passato professionista perché ero impegnatissimo e tutto stava diventando troppo complicato. Nel 2020 mi sono rotto la mano prima della Parigi-Nizza e poi è arrivato il Covid. Ero a casa e non potevo allenarmi […] e di conseguenza ho deciso di ricominciare a studiare. Ero spaventato perché dopo un paio d’anni di stop avevo la sensazione di essermi dimenticato tutto, ma è stata la decisione giusta”.

Dopo 10 anni tra i professionisti, spiega Walscheild, è stato l’approdo alla Jayco AlUla a fargli decidere di raccontare la sua storia e la sua vita privata, dopo che nei primi anni aveva preferito tenere tutto nascosto: “Non ho mai parlato dei miei studi perché non volevo essere visto come il “futuro dottore”. Volevo essere considerato Max Wascheid il corridore professionista, un buon corridore professionista. Ma arrivare alla Jayco AlUla è stato un sogno perché si sono dimostrati subito interessati e mi hanno spinto a parlarne“.

Con il titolo di studi che, spera il tedesco, arriverà nei prossimi anni, per il classe 1993 si apriranno un sacco di porte anche per la sua vita dopo aver appeso il casco al chiodo: “Al momento non so in che campo voglio specializzarmi. Mi piacerebbe anche iniziare come un medico di base e non mi dispiacerebbe rimanere coinvolto nel mondo del ciclismo. Non credo che un ex professionista sia mai diventato il medico di una squadra, quello potrebbe essere interessante e credo che avrei anche una grande credibilità con i corridori essendo stato uno di loro. Io ho un sacco di rispetto per i dottori delle squadre perché se è vero che nel 95% dei casi capitano gli stessi problemi, come problemi inguinali, difficoltà respiratorie o ferite a causa delle cadute, nel restante 5% potrebbe capitare qualsiasi cosa e devono essere in grado di capire tutto rapidamente e con attenzione per stabilire quale siano il problema e la cura”.

In conclusione il 31enne nativo della Renania dà anche un consiglio ai suoi colleghi e ai giovani aspiranti corridori, spingendoli a coltivare anche passioni e abilità extra ciclismo per avere così un piano B sicuro anche al termine della carriera sulle due ruote: “Credo che la maggior parte degli altri professionisti potrebbero trarre beneficio da avere esperienza in altri ambienti di lavoro, non deve essere per forza una laurea può anche essere un corso da meccanico per auto. Oggi vedo quanto stanno diventando simili ai professionisti gli Under 23 e allo stesso tempo quanto poco siano capaci ad interagire socialmente e nella “vita normale”. Io sono uno degli ultimi che ha avuto un periodo da Under 23 non vissuto come un professionista e mi sono divertito tanto nei weekend o nell’off-season. Oggi credono di dover mettere tutte le loro energie nel vivere come un pro, non pensano di dover studiare perché quello sarebbe solo un ostacolo alla loro carriera, ma io credo che sia un approccio sbagliato. Quando impari ad assemblare un auto o a scrivere un tema, guadagni anche un po’ più di credibilità con te stesso e capisci qual è il tuo scopo. Avere questa consapevolezza insieme all’essere un corridore credo che aumenti la fiducia e ti renda più felice ed un corridore migliore”


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